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LifeGate PlasticLess: il progetto per pulire le acque dalla plastica

Salvaguardare il polmone blu del pianeta. Con questo obiettivo nel 2018 è nata LifeGate PlasticLess, che si pone l’obiettivo di contribuire a togliere plastiche e microplastiche dalle acque italiane e incentivare comportamenti virtuosi per ridurre a monte l’inquinamento dalle plastiche monouso.

In tre anni raccolte oltre 84 tonnellate di plastica e microplastiche

Nel 2050, nei mari, rischiamo di avere più plastica che pesci. Solo nel Mediterraneo sono 731 le tonnellate di rifiuti plastici a finire in mare ogni giorno, di cui 90 nei mari italiani.

I rifiuti più pericolosi sono le microplastiche, ovvero frammenti molto piccoli di plastica che vanno da un diametro di 330 micrometri ai 5 mm che provengono dalla progressiva distruzione nell’ambiente di frammenti di plastica più grossi, oppure da sostanze che già li contengono, come alcuni cosmetici. Sono presenti nei mari, nei laghi e nei fiumi in quantità elevate e, date le ridotte dimensioni, vengono purtroppo scambiate dai pesci per cibo e finiscono inevitabilmente anche nella nostra catena alimentare.
Per questo LifeGate, nel 2018 in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani, ha lanciato l’iniziativa “LifeGate PlasticLess” che ha l’obiettivo di diminuire l’inquinamento delle nostre acque attraverso la raccolta dei rifiuti plastici nelle acque dei porti, marine e circoli e di promuovere un modello di economia e di consumo davvero circolare con lo scopo di ridurre, riutilizzare e riciclare i rifiuti, soprattutto i più dannosi per l’ambiente come le plastiche e le microplastiche.

Il progetto prevede l’utilizzo di un dispositivo tecnologico, il Seabin, un cestino di raccolta dei rifiuti galleggianti, in grado di catturare circa 1,5 kg di detriti al giorno, ovvero oltre 500 Kg di rifiuti all’anno (a seconda del meteo e dei volumi dei detriti), comprese le microplastiche da 5 a 2 mm di diametro e le microfibre da 0,3 mm. Viene attaccato alla corrente per attivare la pompa ad acqua, collegata alla base dell’unità, capace di trattare 25.000 litri di acqua all’ora attirando al proprio interno tutti i detriti galleggianti.
 

Seabin può funzionare 24 ore al giorno, 7 giorni su 7 e quindi è in grado di rimuovere molti più rifiuti di una persona dotata di una rete per la raccolta manuale.
Seabin inoltre potrà catturare molti rifiuti comuni che finiscono nei mari come i mozziconi di sigaretta, purtroppo anch’essi molto presenti nelle nostre acque.
Il dispositivo risulta straordinariamente efficace in aree come i porti, darsene e anse fluviali poiché sono naturali “punti di accumulo”, in cui convergono la maggior parte dei rifiuti negli specchi acquei.
 

Tutti i risultati del progetto sono rendicontati periodicamente da LifeGate a sottolineare il valore scientifico ed ambientale dell’iniziativa, mostrando da una parte l’efficacia dell’utilizzo del dispositivo tecnologico “mangia rifiuti” e, dall’altra, documentando il fenomeno di inquinamento da plastica in tutti i contesti coinvolti dal nostro progetto.
 
Grazie alla campagna di comunicazione promossa da LifeGate e al tour virtuoso di installazioni nelle varie località italiane dove viene posizionato il cestino Seabin, viene promossa un’azione di sensibilizzazione diretta ai comuni e ai cittadini favorendo la nascita di iniziative virtuose tra pubblico e privato per rafforzare la tutela del territorio.
 
LifeGate, in partnership con Poralu Marine e in collaborazione con le istituzioni pubbliche e le associazioni del territorio, ha posizionato nei mari, nei laghi e nei fiumi, italiani ed europei, 98 Seabin in 17 regioni italiane, da nord a sud del Paese, che finora hanno raccolto complessivamente oltre 84 tonnellate di rifiuti galleggianti, pari al peso di 5,6 milioni di bottigliette di plastica da 0,5 litri.
 
Questo importante risultato è stato raggiunto anche grazie ai brand partner che hanno deciso di supportare l’iniziativa, ovvero Abaco, Acqua Chiarella, Beiersdorf, Best Western Italia, Cambiagesto, Colgate – Palmolive, Coop Italia, DoValue, il Gruppo Fater, Findus, Fineco, Geomagworld, Grohe, IBL, KLM Italia e Armata di Mare, Le Terrazze,  Mare Blu, NN Investment Partners, Revlon Professional, Rio Mare, Rotary Como, Scarpamondo, Snam, ViacomCBS, Volvo Car Italia, Werner & Mertz, Whirlpool e Procter&Gamble.
 

 

L’identikit della plastica raccolta

 

IN MEDIA, IL 70% DEI RIFIUTI RACCOLTI DALLE NOSTRE ACQUE È COMPOSTO DA MATERIALI DANNOSI PER L’AMBIENTE, PARLIAMO DI PLASTICHE, MICROPLASTICHE E MOZZICONI DI SIGARETTE.

I Seabin, installati da nord a sud del paese, hanno dimostrato che il fenomeno di inquinamento è simile ovunque: la raccolta media vede un 70% di rifiuti catturati composti da materiali dannosi per l’ambiente come plastica, microplastiche, materiali metallici (latte, lattine), mozziconi di sigarette, materiali assorbenti igienici e cotton fioc e un 20% composto da massa organica umida contaminata (legno, foglie, rami, pezzi di legno e alghe) rispetto alla quale, nei dispositivi già posizionati, si notano diversi frammenti di plastica e polistirolo rimasti intrappolati, soprattutto nel materiale algale e un 10% di massa organica umida non contaminata.

Rispetto ai rifiuti plastici facilmente identificabili, in ordine di rilevanza quantitativa troviamo: bottiglie, imballaggi alimentari, bicchieri, tappi, sacchetti, cannucce e cucchiaini. E poi rifiuti comuni come mozziconi di sigaretta.
 

Le microplastiche spesso non fanno la differenza in termini quantitativi perché pesano molto poco essendo frammenti minuscoli fino a 2 mm di diametro, quello che però è allarmante è vederne una presenza ben visibile dentro al Seabin.
Questi frammenti di plastica e di polistirolo arrivano sia dagli scarichi domestici che, soprattutto, dalla disgregazione delle macroplastiche presenti nei mari già da anni.
Catturare le microplastiche è fondamentale per due motivi: il primo è legato alla salute dei pesci e alla nostra. Infatti, le microplastiche, per la loro ridotta dimensione, vengono spesso confuse dai pesci per cibo che, nutrendosene, nel peggiore dei casi rischiano di morire, nell’altro di farle entrare nella nostra catena alimentare; il secondo è per evitare il danno peggiore, ovvero che diventino nano plastiche, particelle così piccole che possono penetrare direttamente nei muscoli dei pesci con conseguenze dannose per la loro salute e presumibilmente anche per la nostra.

 

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