“Diamo Spazio Alla Fiducia”: i nuovi soggetti della campagna istituzionale di IGPDecaux

Fedele alla sua idea di partenza, la campagna “Diamo Spazio Alla Fiducia” in questi mesi ha continuato (e continua tutt’oggi) ad evolversi costantemente e a tenere viva la fiammella della fiducia, portando la freschezza del legame con l’attualità.

Dopo i primi 5 soggetti di cui vi abbiamo parlato in QUESTO POST, ecco i nuovi contenuti che abbiamo scelto di includere nella campagna:

  • POP! Abitare, voce del verbo popolare.

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Una pubblicazione periodica di MM interamente dedicata agli abitanti delle case popolari del Comune di Milano. Nasce da un progetto culturale e sociale della Direzione Comunicazione di MM, realizzato da NABA – Nuova Accademia di Belle Arti, con il coordinamento di C-Park (un parco creativo, un laboratorio di progetto multidisciplinare, un centro di innovazione e sperimentazione di NABA e Domus Academy) e con il contributo di inquilini, Comitati e associazioni. È l’unico esempio in Italia, si rivolge ai lettori in quanto inquilini, e ha l’obiettivo di far conoscere i quartieri popolari, animare i caseggiati e raccogliere storie, desideri, visioni del futuro. È diventato chiaro ed evidente che è necessario scrivere una storia diversa dei quartieri popolari, che è possibile farlo e che da come scriviamo questa storia dipende, più in generale, il racconto della nostra Milano.

Se leggerete POP, almeno un suo capitolo, capirete che i nostri quartieri hanno certamente problemi che vanno affrontati e risolti, sono abitati da famiglie che vivono la loro difficoltà e hanno bisogno di supporto ma sono anche luoghi che raccolgono tesori e ricchezze, curiosità e fantasia, creatività e spirito di iniziativa e di intrapresa. Grazie al contributo dei comunicatori di MM, delle studentesse e degli studenti e delle docenti e dei docenti della Nuova Accademia di Belle Arti, POP (ci) aiuta a guardare in modo nuovo chi (e cosa) abbiamo intorno, ci permette di esplorare quartieri che non conosciamo, di avvicinare mondi lontani. Non vuole essere una fuga, l’invito ad abitare in un luogo diverso, ci propone invece un viaggio che ci permette di tornare, diversi, nuovamente a casa.

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  • “Su la maschera”: le mascherine che fanno del bene.

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Realizzate in tessuto africano da  una sartoria sociale: il colore al servizio di artigiani migranti o in difficoltà. Si chiama “Su la maschera” (“visto che le mascherine ci impediscono di baciarci, di sorriderci, almeno facciamole con questi tessuti colorati, fantasiosi che mettono allegria”) ed è un’iniziativa nata nel laboratorio solidale Coloriage dove si insegna l’arte della sartoria a migranti richiedenti asilo e italiani con problemi economici. E grazie al coinvolgimento nel progetto ‘Spesa sospesa’ del Municipio 1 di Roma è possibile donarle alle famiglie meno abbienti. Con lo scoppio dell’epidemia, Coloriage ha deciso di convertire la produzione e mettersi in gioco assieme al Municipio uno di Roma per creare mascherine solidali e creative. “Su la maschera” è un progetto di solidarietà che ha una doppia valenza: da lavoro a migranti o italiani bisognosi che si mettono al servizio del territorio per fare del bene alla comunità e, grazie al progetto della spesa sospesa del Municipio 1, ridistribuisce le donazioni e recapita mascherine anche a chi non può permettersele.  

Coloriage è un Atelier di Formazione sartoriale, un laboratorio di produzione artigianale, riuso creativo e formazione, aperto a persone migranti e inoccupate, situato nel cuore di Roma, nei locali di Villaggio Globale, nella struttura dell’ex-mattatoio di Testaccio, adiacente alla Città dell’Altra Economia. Al centro del laboratorio di sartoria Coloriage ci sono l’idea del recupero di scarti tessili e quella del riuso creativo di abiti dismessi o difettati, che si traducono in una collezione di Riuso, che si ispira ai principi dell’economia circolare.

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  • Il Villaggio in una stanza

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All’interno di  Zumbini6, un residence sociale che accoglie studenti, lavoratori, famiglie in fragilità abitativa, situato in  via Zumbini 6 al Villaggio Barona, una delle prime esperienze milanesi di housing sociale in un quartiere “di frontiera”, è nato, promosso dalla Cooperativa Sociale “La Cordata” insieme all’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Milano (da un’idea del Tribunale dei Minori, con la collaborazione di Comin ed Emergency e il supporto di Fondazione di Comunità Milano, Diaconia Valdese, Regione Lombardia, Terre des hommes, imprese e cittadini volontari) il progetto Zumbimbi (con il claim il “Villaggio in una stanza”), che accoglie minori tra i 6 e i 16 anni, con genitori ricoverati per coronavirus senza altri adulti su cui contare, garantendo loro la quarantena in isolamento. L’azione de “La Cordata” si esprime infatti proprio attraverso la creazione di “luoghi e spazi di vita”, capaci di accogliere le persone, di integrare i loro bisogni e risorse e di essere a loro volta risorsa per la comunità locale come motore di coesione e inclusione sociale.

Per l’emergenza Covid una parte degli spazi di Zumbini6 di solito dedicati all’accoglienza turistica sono stati dunque riconvertiti per seguire le indicazioni sanitarie e per far posto a nuovi beneficiari di aiuto alla comunità! Zumbimbi è un progetto molto interessante perché mette al centro i bambini che la pandemia ha reso più vulnerabili. Proteggere i bambini in situazioni di emergenza, farli sentire accolti anche se distanti dalle loro famiglie, rappresenta un impegno necessario e imprescindibile. E non è facile spiegare ai più piccoli la complessità di un’emergenza inedita e dai contorni incerti come quella che stiamo vivendo.

Tutti gli spazi e le procedure di accesso sono stati progettati insieme ad Emergency perché il primo obiettivo era la tutela sanitaria. Su questo progetto Milano ha dato risposte eccezionali in termini di disponibilità dei volontari, di donazioni (di materiali, economiche e di tempo) da imprese e privati cittadini (persino mascherine confezionate dalle anziane del quartiere). Il centro rimarrà aperto? Ci si sta interrogando sulla prospettiva: questo è un centro di primissima accoglienza in situazioni di emergenza, ma in tempi “normali”? La sfida è importante.

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  • Ceste sospese: la solidarietà diventa contagiosa

diamo spazio alla fiducia ceste sospese

Ad avere l’idea è stato un gruppo di donne della periferia nord di Milano che, viste le ceste del “Panaro Solidale” (iniziativa di due piccoli imprenditori, volontari ed artisti) calare dai balconi dei Decumani, nel centro di Napoli, con pasti cucinati in casa per sfamare bisognosi e senza fissa dimora (apponendovi la scritta “chi può metta, chi non può prenda”, citazione del Santo laico Giuseppe Moscati, bandiera di cosa significhi “laico, cioè cristiano”), si sono chieste come mai Milano non ci avesse ancora pensato. Da Dergano è perciò partita una catena di solidarietà per la quale è stato subito coniato l’hashtag #cestesospese. In meno di 24 ore sono state calate 16 ceste per chi non riusciva a fare la spesa. Dopo Dergano si sono mosse Affori e Bovisa: altre 20 ceste. E poi, mentre la notizia faceva il giro delle social street (Milano vanta un’ottantina di social streets, gruppi nati su Facebook che mirano a raccogliere tutti gli abitanti di una zona o via della città per condividere informazioni, aiutarsi a vicenda e tenersi aggiornati sulle novità del quartiere,  ed è la capitale del vicinato 2.0) sono arrivate altre promesse di replicare il modello dalla Barona, dal Giambellino, dal quartiere Solari e persino dalla centralissima via Vincenzo Monti. In questo caso i motivi di fiducia sono molti: il primato del “NOI” sull’ ”IO” che iniziative come queste riflettono e sanciscono, il fatto che si tratti di un’iniziativa spontanea, che viene dal basso, e, infine, che si sia estesa da Napoli a Milano, a dimostrazione del fatto che la “solidarietà” è contagiosa (mai sottovalutare anche il gesto più piccolo).

Per maggiori dettagli, all’iniziativa delle Ceste Sospese abbiamo dedicato un approfondimento sul blog che trovate QUI.